Il primo atto legislativo del Consiglio e del Parlamento dell’UE sulla violenza alle donne è appena nato il 6 febbraio scorso. Grande risultato, si potrebbe commentare. “Con la nuova direttiva, gli Stati membri adottano misure importanti per opporsi collettivamente a questi gravi crimini insistendo sia sulla prevenzione che sulla punizione sistematica” ha affermato il vice primo ministro belga della Giustizia. No alla coercizione, al potere, al controllo sulle donne. Sarà più facile in Europa denunciare atti violenti e quindi essere protette. La direttiva garantirà l’accesso alla giustizia, il diritto al risarcimento, l’accesso a centri di supporto e linee telefoniche di assistenza. Ma se questa a prima vista risulta una bella notizia in realtà non riguarda proprio tutte le donne. Se andiamo a leggere l’elenco dei reati, ci sono tutti quelli che sentiamo spesso avvenire sulla pelle delle più deboli: le immigrate. A partire ad esempio dalla gravissima pratica delle mutilazioni genitali. Ben in 17 paesi europei 600000 ragazze ne vivono le conseguenze.
Le donne richiedenti asilo sono particolarmente vulnerabili e più esposte alla violenza fisica e sessuale. Si tratta di donne in situazioni precarie, prive di documenti, sia che siano migranti sia che abbiano ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo. Anche se non esiste una stima affidabile del numero di donne senza documenti in Europa, sono decine di migliaia. “Le donne senza documenti non hanno accesso alla giustizia. Non appena si rivolgono alle autorità, il loro status di immigrate diventa più importante del supporto nei loro confronti in quanto vittime”, ha denunciato Louise Bonneau, responsabile dell’advocacy di PICUM, (ong con sede a Bruxelles che promuove il rispetto dei diritti umani dei migranti senza documenti in Europa).
Quando queste donne si recano in una stazione di polizia per denunciare una violenza, corrono il pericolo che i loro dati personali vengano trasmessi alle autorità per l’immigrazione, con il rischio di avviare una procedura di espulsione. Infatti prima della direttiva sulla violenza c’è prima quella del rimpatrio risalente al 2008. Poiché l’accordo finale della nuova direttiva sulla violenza non garantisce che le donne immigrate, prive di documenti, possano sporgere denuncia senza rischiare l’espulsione, il Consiglio Europeo colma questa difficoltà limitandosi a raccomandare agli Stati membri di tutelare genericamente le vittime non europee in modo tale che “non siano scoraggiate dal presentare denunce e siano trattate in modo non discriminatorio”.
Un’indagine condotta dalla rivista scientifica The Lancet ha intervistato 273 donne richiedenti asilo recentemente arrivate in Francia. Più di un quarto di loro ha dichiarato di aver subito violenza sessuale in meno di due anni dall’arrivo sul suolo francese. “I mesi successivi all’arrivo in un Paese europeo di accoglienza tra le donne richiedenti asilo sembrano essere un periodo ad alta incidenza di violenza sessuale”, scrivono gli autori dello studio pubblicato a settembre. Ciò si spiega in particolare con le precarie condizioni di accoglienza, con difficoltà di accesso all’alloggio, all’assistenza e ai servizi sociali. Senza citare i rischiosi percorsi di immigrazione per le donne “Il passaggio attraverso la Libia, il Marocco o la Grecia è un luogo in cui la violenza sessuale è sistematicamente praticata, e i contrabbandieri e i membri delle forze di sicurezza sono i principali responsabili”, ha denunciato il Centro Primo Lévi di Parigi in un rapporto del 2022. Diritti europei, diritti di tutti e tutte, si potrebbe commentare. Le associazioni per i diritti umani, tra cui PICUM, Amnesty International, Human Rights Watch e la European Planned Parenthood Federation, hanno sollevato una protesta generale.
Paola Gogna