Fino a pochi anni fa andare in vacanza in Tunisia era come visitare la Sicilia, ci si sentiva a casa, pur sapendo che era Africa. Ora non più. C’è una teoria che circola in questo periodo di forti migrazioni, quella del Grand Ramplacement, la Grande Sostituzione, un’ipotesi complottista secondo la quale sarebbe in atto una sostituzione dei “bianchi” da parte delle popolazioni migranti. Un’idea che in Europa ha alimentato la propaganda razzista.
Da fine 2022, cavalcando il generale malcontento economico, il Partito Nazionalista Tunisino, si è rafforzato e ha iniziato a fare campagna contro gli africani “neri” presenti nel paese fino ad arrivare alla dichiarazione del Presidente Kais Saied che ha ordinato alle sue forze di sicurezza di prendere “misure urgenti contro orde di migranti dell’Africa sub-sahariana” per un loro presunto “complotto criminale” che vorrebbe cambiare la composizione demografica del paese nordafricano e diffondere l’identità arabo-musulmana. Tutto ciò senza prove.
L’espressione “subsahariani” con la quale vengono designati in Tunisia gli stranieri dalla pelle nera già fa capire la separazione che è in atto. Se per noi europei quelli della sponda sud del Mediterraneo sono comunque “Africani”, in Tunisia la stessa africanità è rivendicata dai subsahariani ma rifiutata dai nordafricani perché più chiari di pelle. Serie sono le conseguenze. Il discorso di Saied è stato “come un semaforo verde del potere politico ai razzisti”. Difatti si è scatenata una campagna d’odio rivolta contro tutte le persone africane nere presenti in Tunisia, compresi i tunisini neri, che hanno lanciato un SOS sui social network spiegando di aver dovuto iniziare a uscire di casa con il passaporto per provare a passanti e polizia di essere effettivamente dei cittadini tunisini.
Dopo il discorso di Said, centinaia di sub-sahariani si sono registrati volontariamente presso le loro ambasciate sulle liste di rimpatrio. Molti dei 21.000 migranti dell’Africa sub-sahariana ufficialmente registrati in Tunisia lavoratori e studenti, hanno perso l’occupazione e la casa da un giorno all’altro. La legge contro le discriminazioni razziali emanata nel 2018 non è bastata a fronteggiare la nuova campagna di esclusione. Anche alcune università hanno fatto sapere che durante queste settimane gli studenti subsahariani, che in Tunisia sono migliaia, avrebbero potuto non assistere alle lezioni.
Molte famiglie subsahariane si sono ritrovate per strada dopo che si è scatenato il panico tra i proprietari di alloggi affittati ad essi poiché rischierebbero una sanzione da parte delle autorità. Una vecchia legge del 2004 che disciplina l’immigrazione in Tunisia punisce infatti il reato di favoreggiamento, ritorcendosi contro chi assiste in qualsiasi modo chi non possiede un regolare permesso di soggiorno.
A rappresentare i malesi, gli ivoriani, i ghanesi, c’è l’associazione Mnemty, guidata dalla storica attivista nera tunisina Sadiya Mosbah, che ricorda:“La Tunisia non ha mai fatto i conti con la propria storia e con la propria identità di paese africano. Non c’è traccia dell’eredità della comunità nera tunisina sui nostri libri di storia. È come se vivessimo in Svezia”. Infatti i tunisini neri, che costituiscono circa il 10-15% dei 12 milioni di persone del paese, hanno radici secolari in Tunisia da antenati arrivati durante la tratta degli schiavi. L’antropologa Stephanie Pouessel ha evidenziato che “I tunisini neri hanno già affrontato da tempo il razzismo quotidiano, proprio nella difficoltà ad accedere a posti di alto rango”. Radhi Jaidi, allenatore di calcio tunisino, continua a promuovere la Tunisia come “un paese di libertà e ospitalità”, ma teme danni permanenti. Ha sottolineato il “gesto molto politico” dei giocatori della squadra di calcio under 20 del Senegal quando hanno celebrato una recente vittoria contro la Tunisia mostrando la loro pelle nera.
Ora quindi c’è l’esodo: gli immigrati regolari stanno rimpatriando volontariamente in Ghana, nella Costa D’Avorio, in Mali, chi non ha il permesso di soggiorno sta già tentando i canali illegali verso l’Europa.




