C’è un villaggio  speciale,  nella strada fra Tel Aviv e Gerusalemme dal doppio nome, sia in ebraico che in arabo: Neve Shalom Wahat al-Salam ossia “Oasi di pace. Un luogo in cui si tesse da anni un filo a cui possono allacciarsi le nostre fragili speranze in cieli e mondi nuovi.

Fondamenti di questa esperienza, iniziata nel 1977, sono: la scelta di coabitazione fra famiglie di ebrei e famiglie palestinesi con un progetto educativo costruttivo per una buona convivenza fra diversità e conflitti, teso alla diffusione di una cultura del dialogo laddove i focolai di guerra ogni tanto si riaccendono.

Attualmente ci vivono un centinaio di famiglie proprietarie del villaggio. Ad ora sono ben 25000 i giovani cresciuti e formati qui nella scuola nata nel 1979 e ora riconosciuta e premiata, fondata su programmi educativi finalizzati alla gestione pratica della convivenza fra popoli diversi, animata da facilitatori che polarizzano la loro azione sui valori della accettazione, della cooperazione e sul superamento di stereotipi. Una scuola da dove circa 5000 ragazzi sono usciti per diventare militanti di nonviolenza.

Che cos’è infatti la pace se non una strada da costruire nel tempo e oltre il tempo, tratto dopo tratto con scienza e coscienza e non un sentiero da aprire e battere quando si è persi e disperati? In mezzo alle news di attacchi e contrattacchi, ostaggi, atti terroristici nella Terra Santa, stupisce sapere che ci sia qualcosa che assomiglia ad una piccola VIA della PACE. In Italia questo programma si è fatto conoscere attraverso incontri fra operatori e mediatori di conflitti per ricercare la  condivisione con la difficile situazione mediorientale.

Mediatrice ne è stata la giornalista Laura Tucci, (nonché docente di pedagogia nonviolenta e culturale e attivista del movimento ICAN premio Nobel per la Pace 2017 per la Campagna antinucleare), che ci ha fatto conoscere con i suoi articoli e il suo impegno questa realtà. E lei, nel sintetizzare la sua militanza, narra che “ci siamo riusciti impegnandoci intensamente, ma lentamente, quotidianamente, senza precipitarci nel darci delle strutture organizzative, accettando compiti e responsabilità enormi con la convinzione che insieme avremmo potuto affrontarli con leggerezza. Abbiamo inventato programmi di formazione, fatto ricerche, recuperando memoria storica, prodotto materiale educativo, realizzato laboratori, seminari, incontri… Le sfide della nostra epoca sono immense e vanno oltre la lotta per la giustizia, l’equità, la pace, i diritti umani. Questo XXI secolo, segnato da contraddizioni e dinamiche planetarie, marcato dal predominio di un modello economico, sociale, politico e culturale non universalizzabile, non sostenibile, chiede anche a quanti credono che “un altro mondo sia possibile” di lavorare con un’altra cultura politica e di costruire relazioni di potere non prevaricatrici, ma orizzontali, condivisibili e arricchenti, differenti in tutti i terreni in cui ci troviamo. Con un’altra etica, centrata sull’essere umano e una coscienza planetaria, il lavoro per la pace può diventare un’opzione efficace e efficiente per realizzare i cambiamenti a livello locale e globale. “

Buone testimonianze che ci stimolano a ricercare ancora la stella cometa e credere nel messaggio universale ”Pace agli uomini di Buona Volontà”.