Il Decreto flussi 2023 approvato recentemente dal Governo Italiano –  e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 gennaio u.s. –   fissa una quota massima di 82.705 lavoratori non comunitari che nei prossimi mesi potranno fare ingresso legalmente in Italia per lavorare. Si tratta di un segnale positivo, ma ancora non sufficiente.
Da più parti, infatti, e soprattutto fra le associazioni di categoria e le organizzazioni professionali, da tempo  si  domanda  di  incrementare  le  quote  di  ingresso  legali  riservate  ai  lavoratori non comunitari. Si tratta di confrontarsi realisticamente con la grave mancanza di addetti in alcuni settori specifici, in particolare nell’agricoltura, nel turismo e nell’industria.
Già il  Decreto flussi 2022 prevedeva  una  quota  massima  di  69.700  lavoratori  non comunitari subordinati, stagionali e non stagionali, e di lavoratori autonomi. Una cifra ben più significativa rispetto alle poche migliaia degli anni precedenti.
In questa occasione si impone, però, un’ulteriore riflessione. Mentre da un lato si continuano a limitare oltre il necessario le opportunità di ingresso legali in Italia, dall’altro, in base al memorandum Italia-Libia, sono state respinte 100mila persone dal 2017 ad oggi.
Oltre all’evidente tragedia umana, si tratta di risorse umane preziose che rischiano di essere sprecate, che, unitamente alle decine di migliaia di lavoratori immigrati irregolari presenti sul territorio nazionale, con opportune misure di regolarizzazione (protezione sociale, incontro fra domanda e offerta, sanatoria…) crediamo potrebbero essere  più  e  meglio  valorizzate  per  costruire  insieme  il  futuro  sociale  ed  economico  del Paese.