La prima catastrofica carestia causata dal clima

Tutto sotto silenzio ma ormai il Madagascar, la grande isola dell’Africa orientale, da poco è stata classificata dalle Nazioni Unite a livello 5 dei parametri di catastrofe ambientale. È la parte del mondo più colpita senza aver contribuito minimamente al cambiamento climatico mondiale. Infatti qui non ci sono industrie tali da provocare inquinamento. Una terra definita “paradiso, isola felice, isola rossa” da chi l’ha visitata subisce più di tutti e insieme ad altri 8 Paesi africani le conseguenze del cambiamento climatico. Come in una famiglia dove uno dei figli paga per tutti pur non avendo compiuto la marachella. La vita delle popolazioni dei villaggi remoti nell’estremo sud di questo territorio oggi dipende solo dal clima, non dai conflitti né dalla pandemia che diventano in questo caso solo “moltiplicatori di crisi”. Nelle nostre scuole europee si studiava che qui da maggio ad ottobre c’era la stagione secca e fresca e da novembre ad aprile caldo e piogge. Invece ora c’è la sola stagione di “magra”, non piove da 4 lunghi anni consecutivi, tempeste di sabbia hanno ricoperto e reso sterili le terre rurali trasformate in deserto. La peggiore carestia da 40 anni. Previsioni: da qui alla fine di questo anno per 30000 persone la situazione peggiorerà. Non ci sono più scorte per 1,4 milioni di abitanti. Prima la mancanza di acqua, poi sono morti tanti animali, quindi è diminuito l’allevamento, poi l’agricoltura con la produzione di alimenti base come riso e manioca, poi la pesca.  La ricca biodiversità naturale in questa terra, tutelata finora dal lavoro primario dei contadini, degli allevatori, dei pescatori si è ridotta velocemente in questi 4 terribili anni. Il piatto base tradizionale di carne o pesce accompagnato da verdure e da una grossa ciotola di riso bianco bollito aromatizzato al cocco, ha lasciato il posto al consumo di cactus arrostiti, locuste, tuberi, erbe selvatiche, scarpe bollite. Al mattino, a pranzo, a cena. E così la variegata cucina ricca di influenze europee, cinesi, indiane ed africane è andata.a farsi friggere. La malnutrizione di mezzo milione di bambini nasce dalla riduzione di quantità, qualità e frequenza dei pasti.  E quando l’intero lavoro e sistema alimentare dipendono dal clima, tutti se ne vanno dai villaggi per elemosinare in città. Le risposte alla crisi: invio di aiuti alimentari salvavita, 141 progetti per l’adattamento alle nuove condizioni come quelli di accesso all’acqua, di rimboschimento, stabilizzazione delle dune di sabbia, sostegno economico tramite micro-assicurazioni in caso di fallimento del raccolto, produzione di integratori alimentari e… tutta la nostra attenzione (che non duri il tempo della lettura di questo articolo).